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  • Immagine del redattoreAvv. Luigi Delle Cave - Pomigliano d'Arco

In caso di minori e interdetti, l'eredità non si può accettare se non con il beneficio di inventario

A mente dell'art. 459 c.c. è successore universale colui che accetta l'eredità puramente e semplicemente, ovvero con beneficio di inventario.

Nella generalità dei casi la scelta del modo di accettazione dell'eredità è rimessa alla discrezionale valutazione del chiamato, il quale, a fronte di un asse ereditario cospicuo in debiti, e bilanciato in crediti, anziché rinunziare può dichiarare di accettare con beneficio d'inventario, tenendo distinto il proprio patrimonio rispetto a quello del defunto, al fine di circoscrivere il pagamento dei debiti e dei legati nei limiti del valore dei beni pervenutigli.

I beni ereditari così acquisiti non costituiscono un patrimonio separato aggredibile dai soli creditori dell'eredità/legatari (ed infatti il Legislatore bada bene ad utilizzare il termine "separazione", preferendo il più mite vocabolo "distinzione"), essendo questi soltanto preferiti rispetto ai creditori personali dell'erede.

Quanto detto vale a giustificare la previsione dell'art. 472 c.c., a tenore del quale i minori e gli interdetti non possono accettare l'eredità se non col beneficio di inventario.

La ratio risiede evidentemente nell'esigenza di tutela della sfera patrimoniale degli incapaci, che potrebbe risultare lesa dall'acquisto di un'eredità eminentemente passiva; invero, come in precedenza osservato, per il tramite dell'accettazione con beneficio di inventario il pagamento dei debiti ereditari è limitato al valore dei beni pervenuti al successore.

E' di particolare importanza rilevare che la norma in commento opera un rinvio al disposto dell'art. 320 c.c., il quale, nel regolamentare i poteri di rappresentanza e di amministrazione dei genitori rispetto alla persona ed al patrimonio del figlio minore, fa divieto al rappresentante legale di compiere una serie tassativa di atti di indubbia straordinarietà, tra i quali rientra espressamente l'accettazione dell'altrui eredità, in mancanza dell'autorizzazione del giudice tutelare.

La disposizione merita di essere letta combinatamente all'art. 467 c.c., che definisce l'istituto della rappresentazione, destinato ad operare nel caso in cui, in mancanza di previsioni testamentarie sostitutive, il chiamato in linea retta e/o collaterale non voglia o non possa accettare l'eredità, sicché in suo luogo e nel suo grado subentra il discendente. È bene rammentare che l'acquisto dell'eredità comunque non è automatico, necessitando pur sempre di accettazione secondo la regola generale dell'art. 469 c.c.; e, stanti le considerazioni in precedenza svolte, nel caso in cui il rappresentante sia un minore, l'accettazione è subordinata all'autorizzazione del Giudice tutelare.

La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che l'art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell'incapace possa accettare l'eredità in modo diverso, sicchè l'eventuale accettazione tacita, fatta dal rappresentante con il compimento di uno degli atti previsti dall'art. 476 c.c., non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell'incapace.

Tuttavia, se a seguito dell'inefficace accettazione dell'eredità per suo conto fatta dal legale rappresentante il soggetto già minore d'età non provvede- ai sensi dell'art. 489 c.c.- a conformarsi alle disposizioni degli artt. 484 e segg. c.c. entro l'anno dal raggiungimento della maggiore età, rimane ferma con pieni effetti l'accettazione pura e semplice già avvenuta nel suo interesse ed acquistano efficacia anche tutti gli atti inerenti all'eredità accettata posti in essere dal rappresentante legale del minore (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello che aveva riconosciuto l'efficacia dell'accettazione tacita fatta dai genitori del minore chiamato, mediante resistenza nel giudizio promosso dall'erede legittimo per l'invalidità del testamento, sulla base della successiva costituzione in giudizio del chiamato in proprio dopo il raggiungimento della maggiore età, operata senza conformarsi alle disposizioni degli artt. 484 e segg. c.c.) (Cass. n. 21456/2017).

Cfr. Civile Ord. Sez. 3 Num. 13590 Anno 2019


Avv. Luigi Delle Cave

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