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Il socio accomandante assume responsabilità illimitata ove compia atti di gestione

Cassazione civile sez. lav. - 31/05/2016, n. 11250


"Coerente con la struttura essenziale della società in accomandita semplice è il diverso regime di responsabilità verso i terzi che caratterizza le distinte categorie dei soci (art. 2313 c.c.): gli accomandatari, ai quali è riservato il potere di amministrare la società, che rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali; gli accomandanti, esclusi dalla amministrazione, che rischiano nei limiti della quota conferita.

Come è stato evidenziato in dottrina, una alterazione di questo riparto, che spezzi il binomio potere-rischio, pregiudica la qualificabilità della partecipazione in conformità della designazione.

L'art. 2320 c.c. disciplina, dunque, le attività delle quali è fatto divieto al socio accomandante, individuati nel compimento di atti di amministrazione, trattazione o conclusione di affari in nome della società se non in forza di procura speciale per singoli affari.

Detta disposizione è stata oggetto di interpretazione da parte di questa Corte che ha affermato il principio, da ribadirsi in questa sede, alla cui stregua, per aversi ingerenza dell'accomandante nella amministrazione della s.a.s. vietata dal citato art. 2320 c.c., deve essere posta in essere una attività gestoria che può avere ad oggetto operazioni destinate ad avere efficacia interna alla società o a riflettersi all'esterno e che sia altresì, espressione del potere di direzione degli affari sociali in quanto implicante una scelta che è propria del titolare dell'impresa (cfr. in tali sensi Cass. 26 giugno 1979 n.3563).

In tale contesto - e con riferimento ai rapporti obbligatori con i terzi estranei alla società - è stato altresì affermato che l'attività amministrativa vietata al socio accomandante riguarda il momento genetico del rapporto in cui si manifesta la scelta operata dall'imprenditore, mentre tutto quanto attiene al momento esecutivo dell'adempimento delle obbligazioni che da quel rapporto derivano, non esclude di per sè la qualità di terzo dell'accomandante rispetto alla gestione della società, alla quale pertanto, rimane estraneo (per analoga statuizione e per l'affermazione che per la violazione dell'art. 2320 c.c. l'attività gestoria debba concretarsi nella direzione degli affari sociali implicante una scelta che è propria del titolare dell'impresa, vedi anche Cass. 14 gennaio 1987 n. 172).

Nel solco delle linee tracciate dalla giurisprudenza di questa Corte, in coerenza con gli orientamenti espressi dalla uniforme dottrina, deve conclusivamente affermarsi che il socio accomandante assume responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, ai sensi dell'art. 2320 cod. civ., solo ove contravvenga al divieto di compiere atti di amministrazione - intesi questi ultimi quali atti di gestione, aventi influenza decisiva o almeno rilevante sull'amministrazione della società, non già di atti di mero ordine o esecutivi - o di trattare o concludere affari in nome della società (vedi Cass. 25 luglio 1996 n. 6725 cui adde Cass. 17 dicembre 2012 n. 23211)."


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